giovedì 20 marzo 2014

San Bernardo

Per ricostruire le origini della razza si fa spesso riferimento ai grossi mastini che le legioni romane lasciavano con le truppe destinate a presidiare i punti strategici sulle grandi vie di comunicazione. Pare abbastanza probabile che questa possa essere l'origine dei cani di San Bernardo e dei grandi Bovari diffusi in vari Cantoni svizzeri, ma la prima testimonianza certa della presenza di tali cani al Colle, (che allora si chiamava Col de Mont Joux), risale alla seconda metà del '600, quando il pittore napoletano Salvator Rosa ritrasse un grosso molossoide molto simile al moderno cane di San Bernardo. Probabilmente i primi cani, allora non identificabili con la razza attuale ma con lo scomparso mastino alpino, vennero donati ai canonici dell'Ospizio verso il 1660, dalle famiglie nobili del Vallese, per la guardia e la protezione dell'Ospizio stesso dai non infrequenti malintenzionati (le cronache riportano numerosi episodi di brigantaggio), ma anche per numerosi altri impieghi, dal trasporto di piccoli carichi (latte, formaggi), alla fornitura di forza motrice (un dispositivo a mulino, azionato dai cani, muoveva l'enorme spiedo della cucina dell'ospizio). Ma l'impiego che li rese celebri nel mondo fu quello di ausiliari dei canonici (marronnier) nel tracciare la pista nella neve fresca, prevedere la caduta di valanghe e ritrovare i viaggiatori dispersi col maltempo.

La denominazione del cane si deve al santo San Bernardo di Mentone, la cui memoria liturgica cade il 15 giugno.
Testimone dei pericoli che riservavano i colli delle Alpi, egli fece costruire nel 962 sui valichi dei due più alti collegamenti montani gli ospizi del colle del Gran San Bernardo, tra la valle d'Aosta e il Vallese, e del colle del Piccolo San Bernardo, tra la Valle d'Aosta e la Tarantasia. Questi ospizi venivano incontro ai bisogni dei viaggiatori e pellegrini che attraversavano le Alpi; ricercavano i malcapitati che avessero smarrito la strada o che fossero dispersi nella neve.

Da non confondersi con il seguente signore.
Bernard de Clairvaux (Fontaine-lès-Dijon, 1090 – Abbazia di Clairvaux, 20 agosto 1153), fu un monaco e abate francese dell'ordine cistercense, fondatore della celebre abbazia di Clairvaux e di altri monasteri.
Viene venerato come santo da Chiesa cattolica, Chiesa anglicana e Chiesa luterana. Canonizzato nel 1174 da papa Alessandro III nella cattedrale di Anagni, fu dichiarato Dottore della Chiesa, da papa Pio VIII nel 1830. Nel 1953 papa Pio XII gli dedicò l'enciclica Doctor Mellifluus.

Nel 1119 alcuni cavalieri, sotto la guida di Ugo di Payns, feudatario della Champagne e parente di Bernardo, fondarono un nuovo ordine monastico-militare, l'Ordine dei Cavalieri del Tempio, con sede in Gerusalemme, nella spianata ove sorgeva il Tempio ebraico; lo scopo dell'Ordine, posto sotto l'autorità del patriarca di Gerusalemme, era di vigilare sulle strade percorse dai pellegrini cristiani. 
L'Ordine ottenne nel concilio di Troyes del 1128 l'approvazione di papa Onorio II e sembra che la sua regola sia stata ispirata da Bernardo, il quale scrisse, verso il 1135, l'Elogio della nuova cavalleria (De laude novae militiae ad Milites Templi).
L'interesse di Bernardo per le vicende politiche del suo tempo si manifestò anche in occasione dei conflitti che opposero il conte della Champagne, Tibaldo II, da lui sostenuto, al re Luigi VII di Francia e in occasione della repressione, nel 1140, del neonato Comune di Reims, operata dal suo pupillo cistercense, il vescovo Sansone di Mauvoisin.
« Bernardo m'accennava, e sorridea,
perch'io guardassi suso; ma io era
già per me stesso tal qual ei volea »

(Dante Alighieri, Divina Commedia, vv.49-51)

San Bernardo indica la figura del Cavaliere del Tempio come un monaco-guerriero, che fa uso di due spade: una, da impiegarsi nella lotta contro il Male, prettamente interna alla persona e spirituale, e l'altra da porre in difesa degli ultimi ed oppressi, che erano i pellegrini sottoposti alle angherie dei saraceni, i quali ne attaccavano spesso i convogli. Il tema del malicidio in San Bernardo non è da trattarsi come sterminio dell'infedele, anzi, lo stesso Santo nel corso dell'opera dice: "Vi è tuttavia chi uccide un uomo non per desiderio di vendetta né per brama di vittoria ma solo per salvare la propria vita. Ma neppure questa affermerò essere una buona vittoria: dei due mali il minore è morire nel corpo che nell'anima" (D.L., I, 2). E ancora: "Certo non si dovrebbero uccidere neppure gli infedeli se in qualche altro modo si potesse impedire la loro eccessiva molestia e l'oppressione di fedeli. Ma nella situazione attuale è meglio che essi vengano uccisi piuttosto che lasciare la verga dei peccatori sospesa sulla sorte dei giusti e affinché i giusti non spingano le loro azioni fino all'iniquità" (D.L., III, 4).
Tutto il sermone procede per distinzioni ed indica la via che poi seguirà l'Ordine dei Templari, adempiendo alla propria Regola. Un ordine di monaci-guerrieri, che deve prima recte scire, poi recte agere, in concordia con Cristo Re, per il quale il Cavaliere vince: "Affermo dunque che il Cavaliere di Cristo con sicurezza dà la morte ma con sicurezza ancora maggiore cade. Morendo vince per sé stesso, dando la morte vince per Cristo." (D.L., 3)

« Troverai più nei boschi che nei libri. Gli alberi e le rocce ti insegneranno cose che nessun maestro ti dirà. »
(B. di Chiaravalle)


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