giovedì 9 gennaio 2014

Da Vinci alla Romagna

Da Repubblica.it, 09 gennaio 2014

di Isa Grassano

Dalla Gioconda in poi, il Genio di Vinci "comprimeva" nelle sue opere il paesaggio della regione adriatica. Da Montefeltro a San Marino, un itinerario (e una mostra) per scoprirlo.


Ci avevano sperato in tanti, ma la Gioconda, il più famoso capolavoro leonardesco non approderà nel capoluogo toscano in occasione del centenario del suo ritrovamento. "Estremamente fragile" per il trasporto e pertanto resta al museo del Louvre, a Parigi. Per gli appassionati e non solo, però, c'è la possibilità di ammirare da vicino il "balcone della Gioconda", ovvero il paesaggio che fa da sfondo a Monna Lisa, dama toscana. Dove si trova? In Montefeltro, precisamente in Valmarecchia. Ad affermarlo con convinzione sono Rosetta Borchia, pittrice e fotografa di paesaggi, e Olivia Nesci, docente di Geografia fisica presso l'Università di Urbino, che hanno pubblicato  "Codice P. Atlante illustrato del paesaggio della Gioconda" (Editore Mondadori Electa).
Le due studiose, mettendo a confronto ingrandimenti del celeberrimo dipinto di Leonardo, hanno notato come non si tratti di un luogo immaginario ma sullo sfondo si possono osservare Pennabilli, Casteldelci e le località Gattara e Senatello. S'intravede pure il monte sul Marecchia che oggi non c'è più e il Monte Aquilone che fa parte del massiccio del fumaiolo. Il paesaggio del Montefeltro non è subito riconoscibile in virtù del "codice" usato da Leonardo, che le due ricercatrici, o "cacciatrici di paesaggi" come amano definirsi, chiamano "compressione". I monti e le valli non sono dipinti in maniera fotografica, ma con un effetto di "restringimento" dei luoghi, che vengono così ravvicinati in senso orizzontale, creando una rappresentazione prospettica originale. Identificato il codice P (dove la lettera sta per paesaggio), i luoghi ritornano nella loro forma reale, pienamente identificabile. 

A dare manforte a questa tesi è anche lo storico Roberto Zapperi, secondo il quale l'identità della donna dal sorriso enigmatico non sarebbe Lisa Gherardini (moglie di Francesco del Giocondo) ma Pacifica Brandani, dama alla corte di Urbino, amante di Giuliano de' Medici, morta dando alla luce il figlioletto avuto da Giuliano. Si racconta che il bimbo, all'età di quattro anni, piangeva chiedendo della mamma e quindi Giuliano commissionò un quadro a Leonardo per regalarlo al figlio. 

Alle spalle della Madonna Litta, altra celebre opera di Leonardo, si intravedono, dalle due finestrelle, le rupi di Pennabilli e il monte di Maioletto. Andando alla scoperta di queste vedute, ci si imbatte nel borgo di San Leo (provincia di Rimini) che sorge su uno sperone di roccia a strapiombo sul Marecchia, un'altura sacra agli dei (i Romani vi eressero un tempio dedicato a Giove Feretrio). Una celebre testimonianza di arte militare è la rocca. Da quassù lo sguardo spazia dal monte Fumaiolo al mare Adriatico su un paesaggio di boschi, picchi rocciosi, borgate e case rurali. La leggenda vuole che vaghi ancora lo spirito di Giuseppe Balsamo, conte di Cagliostro, medico, alchimista e guaritore e per questo perseguitato dalla chiesa, tanto da essere rinchiuso nella rocca, dove morì. Il centro storico, di impronta seicentesca, racchiude un complesso monumentale di carattere religioso: la Pieve, esempio di arte sacra medievale; il Duomo dedicato a San Leone, protettore della città; la Torre Campanaria, a pianta quadrata.

Passeggiando per le viuzze si respira la sacralità di quelle pietre, mentre per fare incetta di altre curiosità legate a Da Vinci si può visitare la mostra interattiva Il mondo di Leonardo, nella vicina e confinante Repubblica di San Marino (presso il Centro Congressi Kursaal fino al 13 marzo) che propone un Leonardo mai visto prima e oltre 300 ricostruzioni in 3D di modelli reali come La macchina del Tempo, Il Grande Nibbio, il Pipistrello Meccanico.

C'è anche il primo ed unico restauro digitale de L'Ultima Cena (in scala 1/1, per una superficie di dieci metri per otto) che offre l'opportunità, senza precedenti, di osservare i particolari e i colori ormai perduti dell'originale. Non mancano riproduzioni fisiche delle macchine, molti inedite e mai ricostruite dopo Leonardo, tutte realizzate nel rispetto del progetto originale, così come si ritrova nelle migliaia di pagine, appunti e disegni contenuti nei più importanti manoscritti arrivati fino ai nostri giorni, in particolare il Manoscritto B, il Codice del Volo. Vi è il Codice Atlantico in edizione completa, con oltre 1100 fogli consultabili digitalmente ed è stata ricostruita pure la balestra di Leonardo che si può addirittura provare.

La particolarità di questa esposizione è il modello espositivo diffuso adottato, che coinvolge cinque differenti locations nel centro storico (patrimonio dell'Umanità dal 1998), così c'è l'occasione di fare un tuffo anche nei palazzi storici della cittadina. Così all'interno del Palazzo Pubblico, si trova "il leone meccanico", la ricostruzione dell'automa, andato perduto, che fu costruito da Leonardo per il Re di Francia. Il palazzo rappresenta il cuore della vita politica sammarinese e della sua storia e si erge sul "pianello", ovvero piazza della Libertà (costruito nel 1884 e inaugurato dieci anni dopo da Giosuè Carducci che nell'occasione pronunciò il celebre discorso sulla "libertà perpetua"). Colpiscono le pareti dell'atrio interamente tappezzate di trofei, iscrizioni, stemmi, fregi, busti di uomini illustri, anche non sammarinesi (tra cui spicca quello del Carducci), che hanno segnato la storia del Paese.

Nella torre medievale a base pentagonale (costruita direttamente sulla pietra del monte senza fondamenta), invece, tutto ruota attorno al tema de "il volo e la pittura", Leonardo e il Codice del volo. È detta anche "Rocca Guaita" e tra le sue mura possenti si riparava il popolo durante gli assedi. Sul secondo picco del Monte Titano, il più alto, a 756 metri di altezza, si erge invece il Castello della Cesta, detta anche Fratta. Questa torre costruita alla fine del XI° secolo, anch'essa di pianta pentagonale, era la sede del corpo di guardia e fu anche sede di prigioni. Oggi ospita il museo delle Armi Antiche che comprende circa 535 oggetti tra armi bianche, armi in asta, armi da fuoco, archi, balestre, armature tutte risalenti a varie epoche tra il Medioevo e la fine dell'800. Qui si può vedere la famosa balestra di Da Vinci a carica rapida. Infine al museo di Stato (raccoglie reperti archeologici dal Neolitico all'Alto Medioevo, sculture del Guercino, quadri seicenteschi e monete antiche sammarinesi) è collocato il celebre "Autoritratto di Leonardo".

Curiosa è anche la storia che accomuna San Marino e San Leo. Correva l'anno 257 d.C. quando l'imperatore Diocleziano emana un editto per la ricostruzione delle mura di Rimini, distrutte da Demonstene, re dei Liburni. Tra i tagliatori di pietra e incisori chiamati da tutta Europa ci sono due giovani giunti dalla Dalmazia (esattamente dall'isola di Arbe, antica colonia illirica ed ora isola Croata): Marino e Leo. I due vengono inviati sul Monte Titano per estrarre e lavorare vari tipi di roccia e vi rimangono ben tre anni. In seguito i due compagni decidono di separare le loro strade: Leo si ferma sul Monte Feliciano (detto anche Monte Feretrio o Feltro), scavandosi una celletta nella roccia, e costruendo con i compagni di viaggio e vita un piccolo oratorio in onore di Dio. L'insediamento così fondato prenderà, con il passare del tempo, il nome di San Leo. Marino sceglie invece di ritornare a Rimini, dove conduce una vita di penitenza per 12 anni. In seguito si ritira sul Monte Titano dove fonda una piccola comunità di cristiani. Di questo periodo trascorso sul Monte Titano, si raccontano grandi prodigi, come la guarigione di una peccatrice dalmata posseduta dal demonio (infastidito dalla santità di Marino), che cercava di circuirlo affermando di esserne la legittima moglie.

Quanto ci sia di vero è difficile a dirsi, per certo si sa che Demonstene, re dei Liburni, non è mai esistito e che se Diocleziano ha fatto ricostruire le mura di Rimini non l'ha fatto nel 257. Ma al di là di queste leggende, tutta la zona offre scorci e balconi, dai quali affacciarsi per rimanere incantati così come era accaduto al genio Leonardo.

* mi sono permesso di modificare il testo per dare visibilità ad un territorio, il Montefeltro, che l'autrice dell'articolo, superficialmente, attribuisce alle Marche, quando è stato riconosciuto già da diversi anni (anche amministrativamente) come parte della provincia di Rimini e, quindi, della Romagna.

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