Auguro a Carlo, nonché a tutti i co-protagonisti dell’avventura, di poter realizzare il progetto da lui concepito.
A questo proposito mi viene in aiuto l'amico Giacomo Casanova (proprio lui). Il grande veneziano, rinchiuso nel 1755 nei Piombi (sorta di Alcatraz dell'epoca, da cui nessuno era mai evaso), ma non ancora per molto (riuscirà a fuggire nella notte del 31 ottobre 1756, da par suo), ebbe a commentare (il testo originale è in francese: cito dall’edizione a cura di Piero Chiara e Federico Roncoroni, Storia della mia vita, vol. 2, p. 24; vado… ci siete?... tenetevi pronti e allacciatevi le scarpe o la cintura):
«Sono sempre stato convinto che quando uno si mette in testa di attuare un progetto, qualunque esso sia, e pensa solo a quello, riesce infallibilmente a realizzarlo, a onta di tutte le difficoltà. Costui diventerà così gran visir, diventerà papa, rovescerà un trono: purché ci si metta da giovane, perché quando l’uomo arriva a quella età che la fortuna ha in uggia, non riesce più a nulla: senza l’aiuto della fortuna, si sa, non v’è speranza e perciò bisogna fare affidamento su di essa e sfidare le sue avversità, anche se ciò costituisce un calcolo politico molto arduo».
Se non vi siete già addormentati – ehi, lettori, parlo a voi (oddio, in realtà ora come ora sono muto come una capra albina) – ci sarebbe un’altra portentosa riflessione scaturita dalla mente del Nostro su cui forse val la pena di soffermarsi. Ha a che fare, benché lo trascenda, col tema della Libertà – e il Viaggio non è forse un grande ramo di quell’albero nobile? E allora perché non starlo a sentire con le orecchie aguzze? (Inorridisco a pensare all’Ufficiale Spock).
«Fiero del mio spuntone, e senza neppure sapere come avrei potuto servirmene, mi preoccupai di nasconderlo in un posto dove potesse sfuggire anche alle perquisizioni. Così Dio mi provvedeva l’occorrente per una fuga che doveva essere ammirevole se non prodigiosa. Confesso d’esserne fiero: la mia vanità però non deriva dal fatto che riuscii a scappare, perché la fortuna vi ebbe gran parte, ma dal fatto che giudicai l’impresa realizzabile ed ebbi il coraggio di intraprenderla» (p. 37).
N.B. Vi prego di saltare a piè pari i passaggi (gli ostacoli) che precedono e seguono le virgolette a caporale: ignorateli.
Grazie.
Firmato, Giacomo Casanova.
A questo proposito mi viene in aiuto l'amico Giacomo Casanova (proprio lui). Il grande veneziano, rinchiuso nel 1755 nei Piombi (sorta di Alcatraz dell'epoca, da cui nessuno era mai evaso), ma non ancora per molto (riuscirà a fuggire nella notte del 31 ottobre 1756, da par suo), ebbe a commentare (il testo originale è in francese: cito dall’edizione a cura di Piero Chiara e Federico Roncoroni, Storia della mia vita, vol. 2, p. 24; vado… ci siete?... tenetevi pronti e allacciatevi le scarpe o la cintura):
«Sono sempre stato convinto che quando uno si mette in testa di attuare un progetto, qualunque esso sia, e pensa solo a quello, riesce infallibilmente a realizzarlo, a onta di tutte le difficoltà. Costui diventerà così gran visir, diventerà papa, rovescerà un trono: purché ci si metta da giovane, perché quando l’uomo arriva a quella età che la fortuna ha in uggia, non riesce più a nulla: senza l’aiuto della fortuna, si sa, non v’è speranza e perciò bisogna fare affidamento su di essa e sfidare le sue avversità, anche se ciò costituisce un calcolo politico molto arduo».
Se non vi siete già addormentati – ehi, lettori, parlo a voi (oddio, in realtà ora come ora sono muto come una capra albina) – ci sarebbe un’altra portentosa riflessione scaturita dalla mente del Nostro su cui forse val la pena di soffermarsi. Ha a che fare, benché lo trascenda, col tema della Libertà – e il Viaggio non è forse un grande ramo di quell’albero nobile? E allora perché non starlo a sentire con le orecchie aguzze? (Inorridisco a pensare all’Ufficiale Spock).
«Fiero del mio spuntone, e senza neppure sapere come avrei potuto servirmene, mi preoccupai di nasconderlo in un posto dove potesse sfuggire anche alle perquisizioni. Così Dio mi provvedeva l’occorrente per una fuga che doveva essere ammirevole se non prodigiosa. Confesso d’esserne fiero: la mia vanità però non deriva dal fatto che riuscii a scappare, perché la fortuna vi ebbe gran parte, ma dal fatto che giudicai l’impresa realizzabile ed ebbi il coraggio di intraprenderla» (p. 37).
N.B. Vi prego di saltare a piè pari i passaggi (gli ostacoli) che precedono e seguono le virgolette a caporale: ignorateli.
Grazie.
Firmato, Giacomo Casanova.
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